La Questione

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I siti web illegali ricorrono a servizi web essenziali per funzionare, come hosting, metodi di pagamento, pubblicità, fornitori di proxy, fornitori di domini e marketplace.

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Questi fornitori di servizi tradizionali guadagnano milioni in commissioni da clienti che hanno business fraudolenti e che forniscono dati non verificati o imprecisi sulla loro identità.

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L’assenza dell’obbligo per i fornitori di servizi di verificare l’identità dei loro clienti aziendali e il conseguente anonimato rendono quasi impossibile intraprendere azioni civili o penali per fermare gli illeciti online.

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La mancanza di verifiche nei confronti dei clienti aziendali rende l’art. 5 della Direttiva sul Commercio elettronico (ECD), che in realtà richiede a tutte le attività commerciali online di fornire nome, indirizzo fisico e dati di contatto, piuttosto inutile e inapplicabile.

Richiedere alle realtà commerciali di comunicare la loro vera identità su Internet ridurrebbe automaticamente i contenuti illegali sul web e faciliterebbe notevolmente gli sforzi dei consumatori e delle aziende anche nel richiedere un eventuale risarcimento. Quest’obbligo in realtà esiste già: l’articolo 5 della Direttiva E-Commerce stabilisce i requisiti generali di informazione che i fornitori di servizi devono rendere facilmente disponibili, nonché direttamente e permanentemente accessibili ai destinatari dei loro servizi e alle Autorità competenti. Tali informazioni includono il nome del fornitore dei servzi, l’indirizzo fisico della sua sede e altri dati di contatto incluso l’indirizzo email, così da poter essere contattati rapidamente e stabilire una comunicazione in modo diretto ed efficace.

Il problema è che le realtà commerciali che distribuiscono intenzionalmente contenuti illegali scelgono consapevolmente di non rispettare questo obbligo. In base alla legge esistente non devono affrontare alcuna conseguenza per non averlo fatto. I gestori di siti web fraudolenti, nonché di siti web che diffondono contenuti pedopornografici, gioco d’azzardo illegale, prodotti contraffatti e altri contenuti dannosi che cercano di truffare i consumatori, prendono di mira liberamente i cittadini europei utilizzando infrastrutture di realtà operanti nell’Unione Europea e agendo nell’impunità, garantita quest’ultima dal completo anonimato.

La promessa di business online trasparenti, prevista dalla Direttiva E-Commerce, fallisce nella pratica perchè

Gli operatori illegali non dichiarano volontariamente la propria identità.

Coloro che vendono gli strumenti utilizzati per gestire le attività illegali online semplicemente non sanno chi sono questi operatori e non sono incentivati a preoccuparsi.

Da entrambi i lati, ci sono poche conseguenze per queste inadempienze. Il Digital Services Act può e deve colmare questa lacuna nel diritto europeo.